Lo smart working è la rivoluzione del 2020. A seguito della pandemia, i vantaggi del lavoro agile sono stati chiari fin da subito. Tuttavia se applicato non correttamente, lo smart working può risultare pesante e frustrante per i dipendenti. Ecco 5 regole per il lavoro agile in quarantena.
Impatto del lavoro agile
Alcune aziende hanno adottato prontamente la nuova modalità di lavoro agile, altre lo utilizzavano già da tempo perché più innovative. Ma non tutti i dipendenti sono soddisfatti della riorganizzazione aziendale: la flessibilità e l’autonomia dello smart working ci hanno posto di fronte ad una maggiore responsabilizzazione per raggiungere gli standard di sempre. Molti sentimenti contrastanti li ritroviamo tra i lavoratori che sono stati costretti a restare a casa in solitudine e tra i dipendenti-genitori, distratti dai familiari presenti nelle ore lavorative.
La perdita di socialità e di interazione è associata, erroneamente, allo smart working obbligato e si tramuta così in un rifiuto del telelavoro imposto in modo prolungato. Il CEO della società di consulenza Methodo – specializzata nei processi di change management – ha dichiarato:
“Obbligare tutti a lavorare da casa improvvisamente non è smart working. L’esperienza nelle attuali circostanze eccezionali dimostra, ed è un bene, che si può lavorare da casa senza troppe difficoltà con alcune accortezze e attenzioni. Tuttavia, superato lo shock iniziale, il lavoro forzato a distanza palesa diversi svantaggi e c’è il rischio che un’analisi superficiale porti a credere che lo smart working crei problemi. Non è così”.
Cosa fa allora la differenza? La libertà di scelta: scegliere modalità, tempi e posti più funzionali al raggiungimento degli obiettivi. E, non da meno, la formazione. Se tutte le aziende avessero avuto tempo e modo di formare i dipendenti, questi ultimi non si sarebbero scontrati con processi non ben definiti, gap tecnologico, scarsa dimestichezza con lo smart working, ecc.
5 regole per uno smart working di successo
- Stabilire i confini tra vita privata e lavoro: concentrarsi negli orari di lavoro e staccare completamente nelle pause per dedicarsi alla famiglia e ai figli. Altra soluzione, se i bambini sono piccoli, è alternarsi con il partner.
- Interazione umana: nella seconda fase della pandemia, sarà necessario soddisfare il bisogno di appartenenza ricreando le relazioni sociali della nostra quotidianità. Come? Preferendo le videocall alle chat di gruppo, confrontandosi con i colleghi, organizzando pranzi di lavoro in webcam, condividendo leggerezza e affetto.
- Non procrastinare: non rimandare tutto a “quando torneremo alla normalità”, approfitta di questo tempo che ti è stato concesso per trovare una continuità con i tuoi impegni, sfruttando strumenti e tecnologie a tua disposizione. Le aziende potrebbero proporre ai propri dipendenti la partecipazione a workshop, eventi e seminari online.
- Benessere fisico: non solo fitness a giorni alternati per mantenersi in forma, ma prestare attenzione alla luminosità e areazione della stanza per creare un ambiente di lavoro confortevole, migliorare l’umore e le prestazioni. Le aziende potrebbero offrire dei corsi di yoga in modalità e-learning ai dipendenti per conciliare benessere fisico e mentale.
- Post Covid-19: è la fase più temuta, a cui le aziende dovrebbero prepararsi con una buona analisi sul “come è stata gestita l’emergenza e quale è stato l’impatto della nostra flessibilità aziendale”, per poi avviarsi ad una riprogettazione dello smartworking. Obiettivo? Strutturare il lavoro agile per la normalità e non solo per l’applicazione in situazioni eccezionali. L’ideale sarebbe alternare giorni di lavoro in sede con giorni di lavoro agile.
Scopri altri benefici del lavoro agile nel nostro precedente articolo oppure leggi su Tag24 come l’Università Niccolò Cusano si è subito attivata per avviare il lavoro agile nella sua struttura e garantire il diritto alla salute dei suoi dipendenti e il diritto allo studio dei suoi 30 mila studenti, nell’intervista a Pietro Dipalo, IT Manager dell’Unicusano.
***Articolo a cura di Michela Crisci***