Un lavoro di squadra con la forza di un presidio accademico e culturale. La rete di Amici Unicusano unisce e consolida i legami fra l’Ateneo romano, che ha nell’attività di ricerca scientifica uno dei suoi fiori all’occhiello, e gli imprenditori italiani che cercano all’interno dell’università giovani talenti con il profilo giusto per primeggiare nel mercato.

Di questo progetto, che sta contribuendo a dare una scossa alle imprese, fa parte Tipe e Tacchi, giovane brand della moda fondato da Gianni Attimonelli. Scopriamo la sua storia.

Tipe e Tacchi Intervista

 

Ci racconti la storia della sua azienda.

«Premetto che sono sempre stato un accanito osservatore delle nuove tendenze. La nostra azienda nasce nel 2013 nel mondo delle calzature ed è oggi un brand dedicato soprattutto ai giovani: loro sono il nostro futuro in generale e lo sono anche nella moda. Le attenzioni vanno quindi poste su di loro, investendo molto nella ricerca perché per stare al loro passo bisogna proporsi con un prodotto fresco e con idee nuove».

Molto spesso, nel campo della moda, si dà per scontato che l’Italia non risenta della crisi. È così?

«Oggi purtroppo l’Italia non è più in assoluto al numero uno nel campo della moda, ma lo sono ancora i nostri creativi. Sono nati fondi di investimento che acquistano piccole realtà per farle esplodere e creare un business. La nostra forza sta nello stile made in Italy e nei nostri creativi. Ci sono marchi storici francesi che ci stanno facendo “pagare dazio”, ma i loro creativi sono quasi sempre italiani».

Qual è la cosa più importante per un brand come il vostro?

«In primis lo stile. Poi la strategia: offrire un prodotto made Italy tentando di tenere bassi i costi per rendere il prodotto accessibile al pubblico finale. Questa è una strategia che paga anche a livello internazionale e ci permette di posizionarci nelle boutique più importanti del mondo».

Cosa significa per un brand come Tipi e Tacchi far parte della rete Amici Unicusano e avere un contatto con l’università?

«Questo progetto mi è piaciuto subito. Un’iniziativa come questa ci dà la possibilità di avvicinarci ai giovani. Rispetto a vent’anni fa, il loro ruolo nella moda è cresciuto e non possiamo fare moda senza avere attenzione per i giovani. Gli universitari possono senz’altro darci qualcosa in più».

C’è ancora fiducia nei confronti dei giovani?

«Si sente dire frequentemente che bisogna essere positivi. La realtà ci sta facendo vedere una crisi durissima: occorre non fermarsi né piangersi addosso ma trovare le soluzioni che il mercato ci consente di ricercare, se necessario anche oltre casa nostra. Ci sono realtà in forte espansione, come la Russia e il mondo asiatico».

 

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